La Compagnia di danza Il Cerchio e il Centro diretta da Rossana Longo
presenta
Legàmi
TEATRO ARCOBALENO Via Francesco Redi, 1 – ROMA dal 4 al 9 MAGGIO 2010 – ore 21,00
L'incasso dell'8 maggio sarà devoluto al Telefono Azzuro.
Danzatori che si intrecciano e si duplicano come nella mappatura cromosomica dell'uomo. E che poi crescono e affrontano le diverse fasi della vita. Una danza che intende descrivere il vivere umano nello spettacolo dal titolo “Legàmi” de La Compagnia di danza “Il Cerchio e il Centro” di Rossana Longo dal 4 al 9 maggio 2010 al Teatro Arcobaleno di Via Francesco Redi, 1 a Roma. “E' il frutto di un attento e minuzioso studio al microscopio del codice genetico umano” – spiega la Longo – che individua nel legàme il centro della vita di ogni essere, fin dalla fase prenatale. Come se fossero guardati attraverso la lente di ingrandimento, gli otto danzatori/cromosomi - Carlotta Ballanti, Luigi Bonincontro, Alessia Cutigni, Luana D'Anzi, Valerio De Vita, Mariangela Dinoi, Chiara Garrasi e Stefano Muià - sfidando le leggi gravitazionali, grazie all'ausilio di strumenti insoliti per la danza. Fluttuano sulla scena l'embrione e il cordone ombelicale, primo e inestinguibile legàme tra madre e figlio”. Suddiviso in due tempi, lo spettacolo racconta i legami umani fondamentali che si incontrano nel cammino dell'essere umano: con i genitori, col compagno di giochi, con il proprio partner. Si tratta di legàmi che necessitano di perfetto equilibrio interpersonale e di quella pulsione d'amore insita in ogni individuo. “Tuttavia nella realtà di tutti i giorni” – sottolinea la Longo - “è inevitabile osservare la parallela presenza di una categoria psicologica antitetica rispetto a quella del “legàme”, che si potrebbe demoniare lo “s-legàme”. Esso, così come il sentimento d'amore - si manifesta - ad esempio - nel ricorrente atteggiamento di sopraffazione della donna “virago”, nel conflitto palese che può trasformarsi, persino, in sentimento d'odio verso un proprio simile, se percepito “diverso”. La conseguenza di tale atteggiamento non può essere altro che la solitudine, nell'assenza totale di “legàmi” ed è all'origine di un enorme malessere esistenziale”. La scatenata e catartica tarantola finale lascia intravedere, tuttavia, una visione positiva della vita. Condividendo infatti il messaggio trasmesso dallo scultore norvegese Vigeland con il suo famoso gruppo granitico intitolato “Il cerchio della vita”, preso a simbolo dello spettacolo, la corale e coinvolgente danza sta a significare che l'uomo deve riscoprire il legàme dell'amicizia e della solidarietà, perché solo attraverso questo può ritrovare la capacità di superare qualsiasi ostacolo, riscoprendo se stesso e, insieme agli altri, la gioia di vivere.