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Diana e la Tuda di Luigi PIRANDELLO
regia, Andrea BIZZARRI
aiuto regia, Carla COLANTONI
scene, Sandro IPPOLITO
costumi, Lucia MIRABILE
luci, Luigi PIERGENTILI
musiche, Castle Fussion
direzione Readarto Officine artistiche
con Alida SACOOR, Roberto BAGAGLI, Andrea ALESIO, Stefano DELLA COSTA, Flavia FALOPPA
dal 19 al 24 marzo
dal martedì al sabato alle 21
secondo mercoledì di programmazione e il sabato alle 17.30
Una scelta certamente non facile per un giovane regista quale è Andrea Bizzarri. Anche se, fino ad oggi, sia nelle vesti di autore, che di attore e di regista appunto, ha dimostrato di possedere talento.
Bizzarri sceglie “Diana e la Tuda” di Pirandello per il palcoscenico del teatro Nino Manfredi dove debutta martedì 19 marzo, con repliche fino a domenica 24 marzo.
Vista l'anteprima, diciamo subito che si tratta di TEATRO, di un bellissimo spettacolo, con un ottimo allestimento, una perfetta regia, fantastici i costumi di Lucia Mirabile e con la splendida Tuda affidata a Alida Sacoor. Bravi tutti e tutti appartenenti alla compagnia Reàdarto.
La scena è su due livelli e le luci rendono ancora più efficaci i momenti del dramma e i volti dei protagonisti.
Come afferma lo stesso Bizzarri “Questa è la storia di Diana. Ma anche della Tuda. E di Giuncano, di Sirio, di Caravani e Sara Mendel. Sempre in bilico fra staticità e dinamismo, fra morti e vivi. Sirio Dossi è un giovane scultore. Come abbia trascorso la sua vita, precedentemente ai fatti raccontati, non ci è dato sapere se non per vie indirette. Sappiamo che ha cominciato a scolpire dopo aver visto distruggere da un altro scultore, Nono Giuncano, tutte le sue statue. Di lì, come dice l'autore, gli venne l'idea. Eccolo, dunque, che si appresta a completare la sua prima e, molto probabilmente, ultima opera, ispirata alla Diana del Cellini. Per farlo gli occorre una donna, qualcuna che dia corpo alla sua immaginazione. Entra in ballo, quindi, la Tuda, una giovanissima ed affascinante modella, che accetta di prestare il suo corpo per la composizione. Il gioco, cui prendono parte anche Caravani, un pittore, e Sara Mendel, perdutamente divisa fra quest'ultimo e Sirio, diviene sempre più infernale, alimentato da invidie, risate, forti e violente passioni, tanto da portare la vicenda a continue virate emotive che appassionano e coinvolgono. Il finale, del tutto inaspettato, completa mirabilmente il più arguto tra i capolavori di Luigi Pirandello. “Leggendo buona parte della vastistissima rete di saggi e critiche che abbia per oggetto Pirandello - afferma ancora il giovane regista Andrea Bizzarri - si esce convinti di essersi trovati, inconsapevolmente, di fronte ad un errore colossale. Tutto quello che da sempre abbiamo appreso sull'autore siciliano, tutto ciò che ci è stato propinato riguardo il suo “pirandellismo” emerge come una enorme bufala. Luigi Pirandello non è quello scrittore laborioso, pedante e ossessivo che per molto tempo abbiamo creduto, ma l'esatto contrario. Non è la prosa difficile e verbosa che ci aspettavamo, ma è quella avida di orpelli, contraria a qualsiasi abbellimento tecnico fine a sé stesso, a far da padrona nei suoi scritti. Pirandello è, come spesso si dice, un genio e la genialità si esprime in forme semplici, lineari, viene fuori nella sua autenticità priva di pesanti “intralci letterari” i quali altro non farebbero che ostacolarne il corso. Una frase, raccolta in un lungo saggio di Giovanni Macchia, riassume veramente, a mio avviso, l'opera pirandelliana: Fu il pubblico, sostenuto da pochi scrittori e critici illuminati, a non essere indifferente al valore dei suoi artefatti. Il pubblico, signore e signori, il pubblico”.
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