Info: |
Inaugurazione: Mercoledì 7 Novembre 2012 - ore 17.00
Camera dei Deputati - Complesso di Vicolo Valdina
Vicolo Valdina 3/a
dall’8 al 15 Novembre 2012
Orario: 10.00 -18.00 (chiuso il sabato e la domenica)
Mobile connubio tra Pittura e Scultura. Dieci olii su legno di grande formato realizzati tra il 2011 e il 2012 raccolti nell’esposizione dell’artista romana Camilla Ancilotto dal titolo “In Fieri” che inaugura Mercoledì 7 Novembre 2012 alle ore 17.00 a Roma, presso la sede del Complesso di Vicolo Valdina della Camera dei Deputati.
La mostra - fino al 15 Novembre - è promossa dalla Regione Lazio e da Roma Capitale ed è curata da Gloria Porcella e Lamberto Petrecca.
Reduce dalla personale tenuta nella prestigiosa cornice del Chiostro del Bramante a Roma e dalla partecipazione alla rassegna internazionale Art Basel Miami, la pittrice approda alla Camera dei Deputati con opere che testimoniano uno sviluppo ulteriore della sua riflessione artistica, vòlta a sondare il rapporto tra uomo e natura. Tale ricerca prende l’avvio negli anni Novanta da quesiti etico-filosofici relativi al vertiginoso sviluppo delle biotecnologie nel corso del XX secolo, in particolar modo nel campo dell’ingegneria genetica. La mostra attuale è invece occasione per presentare gli esiti più recenti della sua ricerca, indagine che l’ha portata a soffermarsi maggiormente sugli aspetti formali della tecnica pittorica.
Nelle creazioni dell’artista romana, l’essere umano, la flora e la fauna, associati ai quattro elementi che compongono l’universo, si fondono in una compenetrazione simbiotica. I lavori, in una felice sinergia tra arte e gioco, sono elaborati in modo da far interagire fisicamente i fruitori: i solidi a base triangolare che compongono le opere sono assemblati su una struttura di barre d’acciaio che permette ai prismi di ruotare sul proprio asse; il pubblico è chiamato a girare le superfici variamente dipinte dei solidi, restituendo nuove figurazioni, “mirabili difformità” in cui i personaggi mutano in animali terrestri, acquatici e volatili. Il carattere “instabile” delle opere, in perenne trasformazione - aspetto che costituisce la cifra stilistica dell’arte della Ancilotto - trova efficace sintesi nel titolo della mostra, In fieri, locuzione che allude sia alla transitorietà delle forme che alle potenzialità insite nel processo del divenire.
L’aspetto artigianale che connota le realizzazioni della pittrice romana è tratto distintivo del suo operare artistico: attraverso una chiave di lettura del tutto personale e moderna, la Ancilotto affronta alcuni “baluardi” della storia dell’arte occidentale quali Angelica e l’eremita e il Ratto delle Sabine di Rubens, Io e Giove di Correggio, Leda e il cigno di Michelangelo, Venere e cupido nelle versioni del Pontormo e del Bronzino - opere che costituiscono il background culturale e figurativo più noto e popolare della nostra civiltà artistica - al fine di recuperare la tecnica ad olio tradizionale, accademica, sviluppata dagli old masters europei nel XVI e XVII secolo. Tra le opere in mostra, accomunate da un evidente fil rouge, fa eccezione la peculiare raffigurazione della Dea Kalì, la Distruttrice della triade indù, unica rappresentante, tra plurime presenze muliebri tratte dalla mitologia greco-romana, della sfera religiosa orientale.
Ponendosi dunque nella lunga e feconda scia di quei fermenti artistici iniziati in Italia negli anni Ottanta del secolo scorso interessati a recuperare la figuratività nella pittura, la Ancilotto, attingendo sistematicamente al vasto repertorio della grande arte del passato, supera il mero citazionismo e “affonda” nel processo creativo di tali capolavori, analizzandone i valori formali, cromatici e luministici.
In continuo dialogo con la tradizione, i lavori di Camilla Ancilotto perseguono il duplice intento di invitarci a riscoprire - nell’era della digitalizzazione e delle realtà virtuali - l’importanza della manualità nel processo creativo artistico e di indurci a riflettere sul concetto di “armonia”, principio etico ed estetico verso cui tendere sempre, idea sublime che la pittrice romana esprime attraverso l’equilibrio esibito nella resa formale dei suoi dipinti e contenuto nel soggetto costante delle sue opere: la vagheggiata osmosi tra mondo umano, vegetale ed animale. Indicative in tal senso le parole dell’artista: «Ciò che più mi affascina dei capolavori dell’arte è la costante contemporaneità e validità del loro linguaggio, da sempre veicoli di un’armonia coincidente con quell’universale “senso del Bello” che trascende le periodizzazioni dell’arte».
|