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Le interviste di EventiRoma.com: Michelle Carpente |
Michelle Carpente è sempre allenata, con la mente e con il corpo. Quando è in scena, sul palco l'attrice romana ha una continua attenzione a tutto, ai colleghi, agli oggetti, al pubblico… non possiamo dimenticare il primo personaggio che Michelle ha interpretato per il cinema: Diletta, in “Scusa ma ti chiamo amore” e “Scusa ma ti voglio sposare”, entrambi di Federico Moccia.
In base a quali criteri sceglie di proporsi per un film, o di accettare una parte?
- Quando mi propongo per un ruolo, cerco di capire se è adatto alla mia esperienza e alla mia età. Ultimamente ho affrontato dei ruoli molto lontani dalla mia persona e perciò più impegnativi; tuttavia sono stati prove di maturità ed emozionanti sfide da affrontare. Ad esempio, in questo periodo sto interpretando due ruoli diversissimi da me: il primo è quello di Lauretta ne “Il peccato e la Vergogna 2”, fiction prodotta dalla Ares Film per Canale 5; il secondo invece è quello di Maria Piera nella commedia “Maschio Crudele”, in scena al Teatro Manzoni queste settimane, con Silvio Giordani alla regia.
Come si prepara a interpretare un film? Ha una sua tecnica personale?
Sì, certamente. A scuola t’insegnano vari metodi, poi sta a te decidere quale di questi mettere in pratica. Decostruisco il personaggio, lo paragono a me, analizzo i punti in comune e quelli in disaccordo, faccio delle improvvisazioni che solitamente mi fanno scoprire diverse sfaccettature che il mio protagonista può assumere in determinate situazioni, cerco di fare memoria, anche perché quando ho la memoria forte mi sento più sicura e libera, ascolto il mio interlocutore veramente e quindi mi diverto di più e cerco di vivere la scena in maniera sincera.
Michelle cambia pelle a ogni film: come fa?
- Forse perché ho avuto la fortuna di interpretare ruoli sempre diversi…
Per un attrice ogni nuovo film è un esame…
- Sì, senza dubbio. Negli ultimi anni sto lavorando moltissimo in teatro e credo che ogni singola replica sia un esame più duro di un intero film, perché il pubblico è davanti a te e ti ascolta, paga un biglietto più costoso di quello del cinema e quindi devi dare il massimo ogni sera, senza mancare di generosità.
Secondo lei calarsi nei panni di qualcun altro apre la mente? Lei ha imparato a esplorare i lati nascosti del suo carattere…
- Io cerco di estraniarmi dalla mia prospettiva e vedere le cose con gli occhi di un personaggio che non sempre la pensa come me o agisce come me. Proprio ultimamente, preparando il personaggio di Maria Piera in “Maschio Crudele”, stavo riflettendo sul fatto che io mi arrabbio molto poco, mentre lei è un tornado, entra in scena e inizia ad inveire contro tutti; è una donna che non si fa problemi a dire ciò che pensa realmente…
Quali sono i personaggi che ha interpretato e che le hanno dato soddisfazione?
- Sicuramente non posso dimenticare il primo personaggio che ho interpretato al cinema, che è Diletta, in “Scusa ma ti chiamo amore” e “Scusa ma ti voglio sposare”, entrambi di Federico Moccia, così come non scorderò mai Valentina nel film “L’ultima estate”, di Eleonora Giorgi. Rivedendomi ora in queste pellicole, pur se a distanza di pochi anni, mi rendo conto di quanto io sia cambiata! Al cinema, il ruolo più difficile è stato quello di Eli in “Cocapop”, per la regia di Pasquale Pozzessere: avevo 19 anni e nelle poche scene in cui interagivo con il protagonista, dovevo interpretare una fidanzata di uno studente di medicina completamente assuefatto dalla cocaina. In teatro invece l’impresa più ardua è stata dare una voce e un corpo alla giovane Sarah Fulton, nel thriller poliziesco “Cold Case”. Questa ragazza ancora adolescente soffre per la perdita del suo fratellino misteriosamente scomparso quando lei era ancora una bambina. Nelle battute finali dello spettacolo, merito di uno sguardo intenso e colmo di ricordi, essa si tradisce e si rivela essere proprio lei l’assassina. In pratica, ho dovuto convincere il pubblico della mia colpevolezza attraverso gli occhi! Non è stato facile per niente.
Ci sono ruoli o generi in cui non si è ancora cimentata e con cui vorrebbe confrontarsi?
- Beh, sono ancora all’inizio perciò mi piacerebbe continuare a cimentarmi in tutti i generi, anche se ho capito che la commedia è davvero il genere più affascinante e difficile…
Marco Bellocchio dice che chi fa tanta Tv non è bravo…
- Mah, non è che chi fa tanta Tv non sia bravo; semplicemente ci si adatta a dei ritmi e a dei tempi che il cinema non ha. Per la televisione i tempi sono molto più rapidi e quindi a volte può capitare che la qualità del prodotto possa passare in secondo piano, ma non è certo sempre colpa degli attori. Inoltre quella televisiva è un tipo di recitazione che deve arrivare a tutti, ma se sei un bravo attore, credo tu possa recitare per il cinema, per la Tv e per il teatro insieme.
Il teatro invece aiuta a mantenersi giovani?
- Eh sì! Anche se quando sei in scena da settimane, ti senti tutto tranne che giovane! È una fatica non indifferente. Però sei sempre allenato, con la mente e con il corpo. Quando sei in scena, sul palco devi avere una continua attenzione a tutto, ai colleghi, agli oggetti, al pubblico, a te, al tuo personaggio e a tante altre piccole cose.
Cosa consiglia ai giovani attori?
- Di studiare, fare esperienza, soprattutto focalizzare l‘attenzione su ciò che si vuole diventare.
L’aspirazione massima nella vita di Michelle Carpente?
- La mia massima aspirazione è poter vivere grazie a questo lavoro che amo e dunque mi piacerebbe sperare di poter trovare una vera continuità.
L’ ultimo salto nel buio che ha fatto?
- Accettare un ruolo senza avere la sceneggiatura. Mi sono affidata completamente al regista che non voleva farmi leggere il copione, al fine di non influenzare alcuni atteggiamenti del mio personaggio. All’inizio mi sembrava assurdo, ma guardando il film, alla fine sono stata contenta di essermi fidata di lui. (Tommaso Gandino)
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